♦ Vi è mai capitato di incrociare la vostra vita con quella di qualcuno che tenta in tutti i modi di mettervi in cattiva luce, quasi che la vostra disgrazia possa costituire la sua felicità? A me sì, nell’ambito lavorativo e non soltanto ad opera dei soliti personaggi in cerca d’autore di provenienza aziendale che in tanti anni hanno frequentato la mia agenzia, ma anche nella vita di relazione soprattutto da parte di presunti amici che nel tempo si sono dimostrati veri e propri serpenti a sonagli. Ciò che mi lascia l’amaro in bocca consiste però nell’averne incontrati nell’ambiente sindacale ove gli scopi alti imperniati su valori comuni avrebbero dovuto sopire le velleità esasperate dei singoli.
Figuratevi cosa avviene a chi ricopre ruoli di vertice e in particolare a chi dimostra di possedere spiccato talento, una personalità brillante, una istintiva capacità di ricevere consenso dalla collettività, come nel caso del nostro Presidente Claudio Demozzi.
È tutto sommato comprensibile, o quantomeno umano, che coloro i quali sviluppano una invidia ostile verso il personaggio apicale dello Sna, derivante dall’avvilimento frutto di oggettiva inferiorità, soffrano nel confronto quotidiano una frustrazione tale da desiderare la sua rovinosa caduta e facciano del tutto per inquinarne l’immagine mediante lo strumento più antico del mondo, la denigrazione.
La loro friabile autostima, mascherata di volta in volta di intraprendenza, vigore, aggressività, si infrange infatti ogni momento sul muro invalicabile della palese soccombenza ideale e pragmatica rispetto al loro odiato rivale di cui subiscono il fascino e nel contempo verso il quale provano tanto disprezzo.
La competitività negativa con l’antagonista, che nel segreto è il loro inconfessato modello di riferimento, sviluppa in queste persone disturbate l’indole del persecutore, tipica di taluni ruffiani respinti dal proprio oggetto di adulazione segreta, di cui diventano molestatori seriali, addirittura convincendosi di indossare la veste di avventurosi cavalieri erranti, depositari della verità che nessuno riesce a cogliere per stupidità o, peggio, per vigliaccheria.
Secondo la letteratura medica si tratta di una patologia grave denominata sindrome di Procuste dal nome del mitologico locandiere greco il quale soleva tagliare alle sue vittime tutto ciò che sporgeva fuori dal letto, fossero piedi, mani o teste, perché di misura diversa rispetto alle sue. Viene attribuita simbolicamente a tutte quelle persone le quali sminuiscono il leader che le supera per autorevolezza e godono nel tentare di umiliarlo con insinuazioni cicliche riguardanti la sua integrità. Maldicenze pronunciate a mezza bocca che mai si trasformano in accuse esplicite suffragate da prove, in quanto non possono esistere prove di un atto illecito o scorretto che non è stato realmente consumato.
Nella loro narrazione frammenti di verità vengono alterati da clamorose bugie, in un mix corrosivo preludio di segreti scandalosi che saranno resi noti successivamente in occasione della prossima rivelazione. E così via, in un susseguirsi di illazioni destinate a umiliare pubblicamente chi li supera in talento.
Un metodo elementare, persino infantile, quasi patetico, che può fare presa soltanto su coloro - purtroppo non mancano mai in una comunità - i quali amano crogiolarsi sul sospetto rivolto contro coloro che li rappresenta: “è tutto un magna-magna” dicono scuotendo malignamente la testa. Eh sì, perché pensa male chi agisce male e la diffidenza morbosa raramente è sinonimo di ponderazione, molto più spesso lo è di indecenza interiore.
Il buonsenso popolare ha trasformato questa consapevolezza in un monito: “attenzione a non essere carismatico, diverso o brillante, altrimenti finirai sul letto di Procuste”, anche se dal mio canto, non essendo dotato di altrettanta saggezza, mi limito a confidare che il nostro Presidente riesca a conservare a lungo la propria leadership e proceda lungo il suo percorso a testa alta nonostante, così facendo, corre il rischio di pestare la scia assai poco odorosa depositata dai diffamatori compulsivi al soldo dei nemici del Sindacato. Isolarli nella loro onanistica solitudine è la scelta giusta di cui ciascuno di noi dovrebbe fare tesoro anche se ogni tanto ed è questo il caso, l’istinto ci spinge a una pacata reazione.
Roberto Bianchi